giovedì 31 marzo 2011

Il dono di sé nei movimienti ecclesiali (e V)


4. Conclusioni

L’invito al radicalismo evangelico e alla sequela Christi è insito nella vocazione cristiana. La chiamata universale alla santità è contenuta nella condizione cristiana in quanto tale e, quindi, in tutti gli stati di vita del cristiano specifici (laicato, sacro ministero, vita consacrata). Tutti invitano ad identificare la propria vita con quella di Gesù. Nessuno di loro è paradigmatico in rapporto agli altri, ma tra di essi intercorre una relazione di complementarietà.

La sequela radicale di Cristo, persino nella verginità, non implica necessariamente l’assunzione dei consigli evangelici, che contraddistingue lo stato di vita consacrata. Di fatto, sin dai primi tempi del cristianesimo fino ai nostri giorni, ci sono stati dei cristiani che hanno vissuto il celibato apostolico senza assumere i consigli evangelici .

Per i fedeli laici che assumono i consigli evangelici nei movimenti ecclesiali non esiste una nuova consacrazione che si aggiunge alla consacrazione sacramentale, comune a tutti i christifideles. Di conseguenza, questi fedeli laici non sono dei fedeli “consacrati”, perché quello che caratterizza la vita consacrata è la professione dei consigli evangelici di povertà, castità e ubbidienza in un istituto di vita consacrata riconosciuto come tale dalla competente autorità della Chiesa.

L’esperienza dimostra che i fedeli laici, tramite un atto della loro volontà, possono assumere nei movimenti ecclesiali -come pure al di fuori delle realtà aggregative- l’impegno di vivere nel celibato apostolico. Nel caso dei movimenti ecclesiali, questo atto obbliga la persona con Dio in seno a quella realtà aggregativa alla quale si è incorporata. Questa modalità di dono di sé è riconducibile con quanto si afferma nell’Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici. Giovanni Paolo II scrive che all’interno dello stato di vita laicale «si danno diverse “vocazioni”, ossia diversi cammini spirituali e apostolici che riguardano i singoli fedeli laici». Nel ricordare l’esperienza degli istituti secolari, aggiungeva «lo Spirito Santo suscita anche altre forme di offerta di se stessi cui si dedicano persone che rimangono pienamente nella vita laicale» (56/a).

Per concludere, vorrei ricordare che la vita consacrata vera e propria costituisce un grande dono per tutta la Chiesa e merita di essere opportunamente salvaguardata, perché questo stato appartiene alla vita e alla santità della Chiesa (LG 44/d; CIC can. 574 § 1), ma questo non significa che gli altri stati di vita nella Chiesa (laicale, sacerdotale) siano chiamati ad imitarlo, giacché ognuno di essi, in diversi modi, costituisce un itinerario d’identificazione con Gesù Cristo e di impegno nella missione evangelizzatrice della Chiesa. Pertanto, nessuno stato di vita del cristiano rinvia a un altro per raggiungere la sua pienezza, ma ognuno contiene gli elementi necessari per far raggiungere una profonda comunione con Dio.