domenica 22 marzo 2009

Il Cammino Neocatecumenale visto dal Pontificio Consiglio per i Laici


(Nota: Aunque el contenido de esta entrevista ha quedado en parte superado, teniendo en cuenta que los Estatutos del Camino Neocatecumenal fueron aprobados en forma definitiva con Decreto del Consejo Pontificio para los Laicos de 11 de mayo de 2008, considero que comprende aspectos invariables, que pueden resultar de interés para el lector).


Intervista rilascita a Stefano Caredda il 27 ottobre 2006


Monsignor Miguel Delgado Galindo è Capo Ufficio al Pontificio Consiglio per i Laici, il dicastero vaticano che si occupa dei rapporti con le realtà ecclesiali. Ha vissuto in prima persona, lavorandoci, l'iter che ha portato alla redazione e all'approvazione –“ad experimentum” per cinque anni- dello Statuto del Cammino Neocatecumenale. A lui le nostre domande sul passato, il presente e il futuro dell'itinerario di formazione iniziato da Kiko Arguello e Carmen Hernández.


Quali sono stati i punti sui quali nei cinque anni ci si è confrontati con gli iniziatori del Cammino?

Per l'avvio di quell'iter fondamentale fu la volontà di Giovanni Paolo II, che dopo aver incontrato gli iniziatori del Cammino formulò il desiderio che si procedesse alla redazione di uno Statuto nel quale mettere per iscritto gli elementi giuridici presenti nella realtà del Cammino Neocatecumenale. Il papa considerava quella una occasione di forte maturità. Da quel momento iniziò una fase di lavoro più intensa, avviata nel 1997, durante la quale ci si confrontò direttamente con l'équipe responsabile del Cammino, alla ricerca della figura giuridica più adeguata alle caratteristiche del Cammino. Non un compito facile, perché con molta nettezza gli iniziatori affermarono immediatamente che nessuna delle figure giuridiche previste dal Codice di Diritto Canonico (1983) era confacente alla natura del Cammino. I lavori subirono una nuova accelerazione con la lettera inviata da Giovanni Paolo II al cardinale Stafford, allora presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, nella quale il papa ribadiva la competenza a tal proposito di quel dicastero vaticano e chiedeva in tempi brevi di arrivare all'approvazione di uno Statuto. Nuove riunioni vennero subito organizzate per portare a compimento il desiderio di Giovanni Paolo II.

Al momento della cerimonia di consegna dello Statuto approvato, il cardinale Stafford ricordando l'intero iter ha parlato di dialogo vivace e a volte anche difficile con i responsabili del Cammino. Non è stato un percorso in discesa, quindi. Che successe?

Il punto è che non si trattava di un compito facile: in fondo non è mai agevole il percorso che porta all'istituzionalizzazione di un carisma. Il dialogo fu senza dubbio vivace, ma anche sincero, da entrambe le parti. Il Pontificio Consiglio illustrava le proprie competenze, gli iniziatori manifestavano la natura del carisma che sta alla base del Cammino, permettendoci di capirlo meglio. Furono incontri capaci di facilitare molto la reciproca conoscenza.

Lei personalmente aveva già avuto modo di conoscere il Cammino?

Si, in Spagna. Allora lavoravo come sacerdote e conobbi alcune persone del Cammino.
Ma gli iniziatori no, loro li ho conosciuti qui.

Ci sono stati dei contributi a questo lavoro da parte delle altre Congregazioni vaticane?

Assolutamente si. È stato un lavoro di collaborazione continuo e proficuo: del resto nello Statuto non si affronta ciò che è di piena competenza di queste congregazioni. Naturalmente però la reciproca collaborazione è stata ed è tuttora doverosa, tanto con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, tanto con quella del Clero (in merito all'accenno che necessariamente si doveva fare nello statuto per ciò che riguarda i seminari Redemptoris Mater) e tanto con quella della Dottrina della Fede (per quanto concerne l'approvazione almeno provvisoria di questo itinerario di formazione).

Il 29 giugno 2002 questo iter veniva completato. Lo Statuto era approvato con l'obiettivo di regolamentare la prassi del Cammino e garantirne il corretto inserimento nel tessuto ecclesiale. L'approvazione avvenne però con la formula "ad experimentum". Quale ne è il senso, e avviene così -di solito- anche per le altre realtà?

Si, generalmente si segue lo stesso percorso con tutte le associazioni internazionali riconosciute dal Pontificio Consiglio. Questo percorso prevede per tutti l'approvazione degli Statuti con la formula “ad experimentum”: è una fase di "rodaggio" che, prolungata per un periodo di tempo non breve (non uno o due anni, ma cinque), sappia fornire indicazioni sull'applicazione concreta. Ciò consente alle realtà approvate di continuare il loro sviluppo nel locale, di confrontarsi con i vescovi diocesani, di proseguire nel rapporto di stretta vicinanza con questo Pontificio Consiglio e di valutare esse stesse cosa fare alla scadenza del tempo stabilito; se cioè chiedere qualche modifica allo Statuto oppure la sua approvazione definitiva. Naturalmente, sia chiaro che quando parlo di approvazione definitiva non intendo dire che una volta giunta quest'ultima non si possano più fare modifiche allo Statuto: se sono necessarie, esse vengono concordate di buon grado. Ma nondimeno con l'approvazione definitiva la realtà ecclesiale raggiunge un aspetto definito.

Lo Statuto del Cammino è uno strumento giuridico che -disse il cardinale Stafford- "non può costituire un orientamento sistematico in materia dottrinale, catechetica e liturgica". Per tutti questi aspetti lo Statuto rimanda al Direttorio Catechetico, che attende l'approvazione congiunta delle congregazioni competenti. Perché questa approvazione definitiva non è ancora arrivata?

Vede: il Direttorio, cioè tutti i volumi che lo contengono, sono stati approvati provvisoriamente dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. È vero però che, come disse il cardinale Stafford, essi devono essere approvati definitivamente e anche in forma congiunta con la Congregazione per il Culto Divino e con la Congregazione per il Clero. La lettera del cardinale Arinze, nella quale si danno indicazioni in materia liturgica, ha rappresentato un gradino in più, un tassello ulteriore che si è aggiunto all'intero mosaico in costruzione. Tutto questo percorso porta via certamente molto tempo, anche perché i responsabili del Cammino devono avere contatti con ogni dicastero, trattando con ciascuno i temi di loro competenza.

Il fatto che il Direttorio non sia ancora stato approvato non toglie forza e pregnanza allo Statuto stesso?

È vero, all'interno dello Statuto ci sono continui rimandi al Direttorio. È però altrettanto vero che nello Statuto approvato nel giugno 2002 sono definiti molti aspetti che riguardano il modo di portare a compimento questo itinerario catechetico. La situazione è resa bene con l'esempio calzante del treno che trasporta un carico importante: c'è assoluto bisogno di persone che guidino la locomotiva (le equipes responsabili), conducendo il treno lungo i binari tracciati e avendo l'ok dei capistazione (i vescovi diocesani) ogni volta che si transita in una stazione. Come giurista riconosco anche io che la parte più importante è il contenuto, è quello che il Cammino fa nel concreto, ma non posso non sottolineare che la parte giuridica fornisce chiarimenti di primo piano riguardo al ruolo assunto dai catechisti, dai parroci, dai catechisti, dai vescovi diocesani. Persino un argomento delicato come la sostituzione di un membro dell'equipe di responsabili venuto a mancare è stata presa in considerazione e definita nel dettaglio. E sono momenti che prima o poi, nella vita di ogni realtà ecclesiale, giungono sempre. Ecco, fermo restando quanto detto prima penso che la valenza dello Statuto stia proprio in questa regolazione di aspetti di piano non secondario, quanto mai necessari e importanti.

Dunque, lo Statuto ha una sua valenza indipendentemente dalla sorte del Direttorio

Esatto.

A proposito di Direttorio, lei ha certamente avuto in mano i volumi delle catechesi, e certamente le ha lette. Quale impressione ne ha tratto?

È un vero corso di catechesi, formulato con uno stile proprio, molto personale, figlio del fatto che di nient'altro si tratta se non della trascrizione fedele delle registrazioni audio degli interventi di Kiko e Carmen effettuati nelle comunità del Cammino nel corso degli anni. E con la sola aggiunta, ovviamente, di molti rimandi al Catechismo della Chiesa Cattolica. Traspare con evidenza dalle catechesi il modo di essere degli iniziatori, la loro assoluta spontaneità nell'affrontare le cose, lo stile diretto e personale che utilizzano, tipico peraltro di chi -e ci sono anche io- ha sangue spagnolo. Sono persone che hanno un carisma e lo stanno trasmettendo con la forza della vita e delle parole, e debbo dire che personalmente ritengo della massima importanza l'apporto di Carmen. Ora, è naturale che molte persone siano attratte da questo tipo di approccio, come è anche comprensibile che per qualcuno l'impatto possa essere troppo forte, possa spaventare... anche se direi che ormai in larga misura è la stessa mentalità del tempo presente a richiedere forme colloquiali di questo tipo.

Momenti troppo forti, spaventi... Uno dei aspetti più critici del Cammino è quello dei passaggi, degli "scrutini", nei quali si entra in grande profondità nell'intimo di una persona. Si è riflettuto anche di questo durante il percorso di riconoscimento? È stata data a tutto ciò un'attenzione particolare?

Tutti gli aspetti della vita del Cammino sono stati approfonditi, e si è parlato molto anche del rispetto della persona, della sua coscienza, di tutto ciò che appartiene al foro interno e che può essere trattato in momenti comunitari alla presenza di altre persone. Di tutto questo si è discusso e su tutto questo si trovano riferimenti anche nello Statuto. Naturalmente poi nella realtà concreta molto dipende dalle persone che guidano questi incontri, dalle loro capacità e dalle loro sensibilità, e dalle stesse persone che vi partecipano, che possono avvertire alcuni interventi come invasivi. Si, questo è senza dubbio un punto delicato.

Guardiamo al futuro, ora. Il cardinale Stafford, il 29 giugno 2002, disse: "Trascorso tale periodo di cinque anni, ricorrerete al dicastero per una ulteriore conferma". Che cosa significa nel concreto? Che succederà, da qui al 29 giugno 2007? Di chi è la prima mossa?

Generalmente, nella maggioranza dei casi, le associazioni riconosciute si rivolgono al dicastero al termine del periodo di sperimentazione, informando che non si ritengono necessarie modifiche allo statuto e chiedendone dunque l'approvazione definitiva. In altri casi la stessa realtà ecclesiale, al termine dei cinque anni, evidenzia degli aspetti da modificare o da ritoccare, facendocelo presente. Nel caso del Cammino Neocatecumenale si aggiunge un altro elemento, che il dicastero dovrà valutare al momento debito: parlo dell'approvazione congiunta del Direttorio Catechetico. Questo sarà un importante elemento di valutazione per l'approvazione definitiva.

Si può ritenere che non vi sarà approvazione definitiva dello Statuto se prima non sarà arrivato l'ok congiunto delle congregazioni competenti al Direttorio Catechetico?

Questo lo si valuterà: oggi è prematuro avanzare ogni ipotesi. Manca ancora del tempo e del resto bisognerebbe capire quale è -esattamente- lo stato dell'iter di approvazione del Direttorio. Per il momento, fino al 29 giugno 2007, viviamo questa fase. Anticipare di più, al momento, non è possibile.

Attualmente, su questo specifico punto, vi sono contatti diretti con l'equipe neocatecumenale?

No, ci sono i comuni rapporti che intercorrono sempre fra il Pontificio Consiglio per i Laici e gli iniziatori. Kiko, ad esempio, ha partecipato regolarmente qualche giorno fa alla plenaria del dicastero, nella sua veste di consultore. Ma incontri comuni per impostare la conclusione del tempo “ad experimentum” non ve ne sono stati: davanti c'è ancora del tempo.

Da un punto di vista legale, è possibile il rinnovo del periodo “ad experimentum”, ad esempio per altri cinque anni?

Certamente si. Alcune realtà lo hanno anche chiesto espressamente, ad esempio nei casi in cui siano previste a breve o media scadenza appuntamenti assembleari di tale importanza che appare saggio attendere ancora prima di prendere qualsiasi decisione definitiva. In questi casi, valutata la ragionevolezza della richiesta, il Pontificio Consiglio per i Laici concede altro tempo e rinnova il periodo “ad experimentum”.

E possibile invece che non vi sia né l'approvazione definitiva né il rinnovo del tempo “ad experimentum”, e che sia disposto il riavvio completo dell'iter di riconoscimento?

No, questo no. Il riavvio completo dell'iter di riconoscimento significherebbe l'annullamento di tutto quanto fatto fino a quel momento: non sarebbe giustificabile. Certo, capita che qualche associazione si dimentichi della scadenza del periodo “ad experimentum”, e tocchi a noi ricordare loro che deve essere presentata una richiesta di approvazione definitiva o di rinnovo dell'experimentum ma neppure in questi casi il superamento della data di scadenza configura il decadimento di tutto l'iter seguito fino a quel momento.

Dunque, a rigore, il 29 giugno 2007 non è una data imperativa. Se anche non succedesse nulla fino ad allora, il giorno dopo la situazione non sarebbe mutata.

Esatto: qualora non avvenisse nulla fino al 30 giugno, quel giorno ci si troverebbe comunque nella stessa situazione del giorno prima. Non è per qualche giorno di ritardo che crolla l'intero castello. E' di giorni, al massimo qualche settimana che si parla: non di più, comunque, perchè poi naturalmente, una iniziativa vi deve comunque essere, ed è sempre realizzata dalla realtà ecclesiale. Anche noi comunque abbiamo il nostro calendario, e in assenza di un contatto, come detto, ci facciamo vivi noi per sollecitare una richiesta.

Bene, dunque la prima mossa, in vista della scadenza di giugno, spetterà al Cammino, non al Pontificio Consiglio. C'è però anche un'altra scadenza, quella fissata dal cardinale Arinze nella lettera sugli aspetti liturgici: due anni per modificare il modo di distribuire l'Eucaristia. Dunque, c'è tempo fino al dicembre 2007. Le chiedo: pensa che da un punto di vista liturgico con quella lettera la Congregazione per il Culto Divino abbia terminato il lavoro di sua competenza riguardo al Cammino? Possiamo dire cioè che in attesa delle decisioni della Congregazione per la dottrina della fede e per il clero, quella per il Culto divino ha terminato il suo lavoro?


Su questo punto non saprei dirle esattamente: la competenza è naturalmente della Congregazione, non del Pontificio Consiglio. A me pare che in quella lettera vi sia la sintesi degli aspetti più importanti, quelli basilari, ma che in vista dell'approvazione del Direttorio nulla vieta che ci si possa pronunciare anche su altri aspetti della liturgia. È una possibilità. Peraltro, su quanto finora deciso non c'è neppure bisogno di aspettare due anni prima di uniformarsi nel modo di ricevere la comunione: le indicazioni contenute nella lettera del cardinale Arinze sono chiarissime. La si conosce, e dunque la si può anche applicare subito. Ma d'altronde le comunità neocatecumenali sono tante, e si è dato del tempo forse anche in considerazione di questo. Comunque, ogni punto affrontato in quella lettera ha una sua storia: ciò che è stato detto è stato detto, ma non è affatto scontato che sia tutto. Ma sarà solo la Congregazione del Culto Divino a potercelo dire.

Ad ogni modo, anche per le vostre decisioni, ne terrete conto.

Senza dubbio. Il nostro contatto con le altre congregazioni è costante: siamo al corrente dei passaggi che vengono attuati dalle congregazioni competenti. E al momento debito, ne terremo conto.