venerdì 31 dicembre 2010

Il dono di sé nei movimienti ecclesiali (II)


Torniamo, però, un momento alla storia. I primi movimenti ecclesiali che approdarono al Pontificio Consiglio per i Laici negli anni ‘80 per richiedere un riconoscimento da parte della Santa Sede, avevano tra i propri membri sia persone coniugate, come pure gruppi di uomini e donne che si erano donati totalmente a Dio come laici nel celibato apostolico[1]. Questi ultimi vivevano secondo i consigli evangelici, intesi, non solo in senso lato, cioè come pratica spirituale in risposta alle molteplici esortazioni di Gesù Cristo, contenute nel Vangelo (LG 42/c), indirizzate al raggiungimento della perfetta carità cristiana, e dunque alla santità, alla quale tutti i fedeli, senza alcuna eccezione, sono chiamati in forza dei sacramenti dell’iniziazione cristiana ricevuti (si badi, ad esempio, alle Beatitudini, all’umiltà, alla preghiera, alla vigilanza, alla pazienza, ecc.); ma anche come pratica formale, ossia assumendo tramite voti, promesse, propositi o altri vincoli[2], la triade classica dei consigli evangelici, tipica della vocazione alla vita consacrata, ossia i consigli di castità, povertà e ubbidienza (LG 43/a)[3]. È da specificare che questo nucleo di celibi e nubili non si presentava come un istituto di vita consacrata in formazione.

Alcune di queste realtà ecclesiali si erano rivolte in precedenza all’allora Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, per valutare la possibilità di essere riconosciute come istituti secolari di diritto pontificio. Ma un tale riconoscimento avrebbe comportato la scissione del movimento in due diversi Istituti Secolari, uno maschile e uno femminile. Pertanto, decisero di attendere la promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico (1983), ritenendo che nel nuovo Codice si sarebbe potuta trovare una figura giuridica più confacente al loro proprio carisma. Infatti, la nuova redazione del Codice che vide la luce nel 1983, contiene una normativa aggiornata e sviluppata in materia di associazioni di fedeli (CIC cann. 298-329), un istituto canonico che – come ha dimostrato l’esperienza giuridica in questi ultimi ventisei anni – risponde in modo idoneo alle istanze di riconoscimento canonico, anche interdiocesano, dei movimenti ecclesiali[4].

Dopo uno studio approfondito, il Pontificio Consiglio per i Laici ritenne dunque possibile riconoscere come associazioni internazionali di fedeli quei movimenti ecclesiali che contavano tra i propri membri, uomini e donne che assumevano i consigli evangelici di castità, povertà e ubbidienza, ma ponendo determinate condizioni, che menzionerò più avanti. È opportuno rammentare che nell’ottobre del 1987 si celebrò il Sinodo dei Vescovi sulla vocazione e missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo a vent’anni dal Concilio Vaticano II. Il documento che ne seguì fornisce alcuni importanti orientamenti sul dono di sé dei fedeli laici. Infatti, nel n. 56 dell’Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), Giovanni Paolo II, riferendosi alla varietà di vocazioni presenti nello stato di vita laicale, faceva sua questa proposizione dei Padri sinodali: «lo Spirito Santo suscita anche altre forme di offerta di se stessi cui si dedicano persone che rimangono pienamente nella vita laicale».

Per affrontare questa tematica, si tennero presso il Dicastero due consulte di esperti, una il 23 maggio 1989 e l’altra il 18 ottobre 1995. Dalle conclusioni dei lavori emerge la considerazione che in caso di assunzione dei consigli evangelici da parte di membri di movimenti ecclesiali, è opportuno parlare di “consacrazione di vita”, oppure di “vita evangelica”, ma non di “vita consacrata”, considerando che nei movimenti ecclesiali i consigli evangelici non vengono vissuti in un istituto di vita consacrata riconosciuto come tale dalla Chiesa.

Ritengo importante far qui riferimento anche all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici dal 15 al 17 novembre 1991 con i rappresentanti di dieci gruppi e comunità laicali, i cui membri – in parte o nella loro totalità – assumono i consigli evangelici[5]. Scopo dell’incontro era facilitare una reciproca conoscenza, suscitando al contempo una riflessione sulla loro identità, sul loro stile di vita e sulla loro forma di sequela di Cristo, come pure offrire spunti per ulteriori approfondimenti. Nella sintesi degli interventi dei gruppi e comunità presenti si legge: «Nel contesto della “nuova stagione aggregativa” (cfr. Christifideles Laici, 29), le nuove realtà qui rappresentate costituiscono una singolare ricchezza. La volontà, esplicitamente affermata, di essere e rimanere laici, si manifesta anche nella rinuncia ad assumere gli impegni costitutivi dello stato di vita consacrata (vincoli sacri di cui al can. 573 § 2). La vita secondo i consigli viene, quindi, intesa anzitutto come risposta immediata alla grazia battesimale e all’appello universale alla santità»[6].

Durante tutti questi anni, il Pontificio Consiglio per i Laici ha dovuto affrontare il delicato compito di discernimento di ogni movimento ecclesiale, individuando alcuni criteri guida, tra i quali, di particolare rilievo, i seguenti: i consigli evangelici vanno assunti con vincoli che abbiano sempre natura giuridica privata (nel caso dei voti, cfr. CIC can. 1192 § 1), di conseguenza, il moderatore di un movimento ecclesiale non può ricevere detti vincoli in nome della Chiesa; le persone sposate non possono assumere il consiglio evangelico di castità inteso come perfetta continenza, in quanto è incompatibile con i diritti e i doveri inerenti al sacramento del matrimonio; l’assunzione dei consigli evangelici non produce l’incorporazione all’associazione, che si realizza, invece, tramite le modalità ordinarie di ammissione a un’associazione di fedeli, modalità previste nello statuto di ogni movimento ecclesiale; i fedeli laici membri dei movimenti ecclesiali devono esercitare un lavoro professionale nel mondo, caratteristica peculiare dell’indole secolare della vocazione laicale; all’interno del movimento si deve adoperare una terminologia che sia in consonanza con lo stato di vita laicale dei membri, evitando, ad esempio, espressioni come: “capitoli”, “provinciali”, “pastori”, ecc.; i membri laici dei movimenti ecclesiali non possono indossare un abito religioso, in quanto si tratta di una manifestazione propria dello stato di vita dei religiosi (CIC can. 669) ed evidenzia il carattere escatologico della vita religiosa.

Rimanendo nell’esperienza del Pontificio Consiglio per i Laici, è da rilevare anche che esistono altri movimenti ecclesiali, a cui appartengono fedeli laici che si sono donati completamente a Dio nel celibato apostolico, senza però assumere i consigli evangelici di castità, povertà e ubbidienza. Queste persone si sono vincolate stabilmente al movimento in virtù di un atto della propria volontà, prendendo con esso l’impegno di vivere il celibato propter Regnum cœlorum in risposta a una vocazione divina, come previsto dallo statuto per una determinata categoria di membri. Personalmente, ritengo che si tratti di una modalità di donazione a Dio che merita di essere conosciuta.


[1] Cfr. J.L. GUTIÉRREZ, El laico y el celibato apostólico, in AA.VV., Studi in memoria di Mario Condorelli, vol. I, t. 2, Milano 1988, pp. 725-760.

[2] Cfr. B. ZADRA, I movimenti ecclesiali e i loro statuti, Tesi Gregoriana, Serie Diritto Canonico, 16, Roma 1997, pp. 130-134; IDEM, L’assunzione dei consigli evangelici negli statuti delle associazioni che prevedono la consacrazione di vita, in «Quaderni di diritto ecclesiale», 12 (1999), pp. 353-362; V. DE PAOLIS, Le associazioni nate con l’intento di divenire istituti religiosi, in «Informationes SCRIS», 21/2 (1995), pp. 155-179; J.J. ECHEBERRÍA, Asunción de los consejos evangélicos en las asociaciones de fieles y movimientos eclesiales. Investigación teológico-canónica, Tesi Gregoriana, Serie Diritto Canonico, 29, Roma 1998; G. GHIRLANDA, I consigli evangelici nella vita laicale, in «Periodica», 87/4 (1998), pp. 567-589; S. RECCHI, Assunzione dei consigli evangelici e consacrazione di vita nelle associazioni, in «Quaderni di diritto ecclesiale», 12 (1999), pp. 339-352; IDEM, Le associazioni di consacrati, in GRUPPO ITALIANO DOCENTI DI DIRITTO CANONICO (a cura del), La vita consacrata nella Chiesa, Milano 2006, pp. 71-81; G. FELICIANI, Quale statuto canonico per le nuove comunità?, in «Informationes SCRIS», 26/1 (2000), pp. 151-152; L. NAVARRO, New Ecclesial Movements and Charisms: Canonical Dimensions, in «Philippine Canonical Forum», 4 (2002), pp. 70-71; S.B. SÁNCHEZ CARRIÓN, Los movimientos eclesiales: status quæstionis, Romæ 2006, pp. 311-317.

[3] Cfr. J.L. ILLANES, Laicado y sacerdocio, Pamplona 2001, pp. 170-176; IDEM, Precetti e consigli, in L. MELINA – O. BONNEWIJN (a cura di), La sequela Christi: dimensione morale e spirituale dell’esperienza cristiana, Roma 2003, pp. 177-196.

[4] Cfr. M. DELGADO GALINDO, Movimenti ecclesiali, ministero petrino e apostolicità della Chiesa, Roma 2007, pp. 48-53.

[5] La documentazione di quel incontro è raccolta nel volume edito dal Pontificio Consiglio per i Laici, intitolato Testimoni della ricchezza dei doni, Laici oggi - Servizio di documentazione, n. 24, Città del Vaticano 1992.

[6] IBIDEM, pp. 88-89.