lunedì 28 febbraio 2011

Il dono di sé nei movimenti ecclesiali (IV)


b) Aspetti canonici
Dal punto di vista canonico, alcuni autori, nel tentativo di spiegare la pratica dei consigli evangelici all’interno dei movimenti ecclesiali utilizzano un lessico specifico. Fanno riferimento all’assunzione dei consigli evangelici nei movimenti ecclesiali per distinguerla dalla professione dei consigli evangelici, che è propria degli istituti di vita consacrata (CIC can. 573) i cui membri vengono inseriti in una forma stabile di vita nella Chiesa. Si riscontra anche l’utilizzo di espressioni come “consacrazione di vita” riferita ai movimenti ecclesiali, piuttosto che “vita consacrata”, che contraddistingue invece gli istituti di vita consacrata. Si riconosce pure che la differenza essenziale tra una modalità e l’altra risiederebbe nella dimensione canonica, ovvero nel fatto che negli istituti di vita consacrata esiste un intervento dell’autorità competente della Chiesa, che ha proprio il compito di erigere un istituto e configurarlo giuridicamente come tale (CIC cann. 207 §2; 576, 605).

È stata avanzata anche una spiegazione fondata su un’interpretazione del can. 573 CIC, che concerne il concetto generico di vita consacrata. Il primo paragrafo di questo canone racchiude gli elementi teologici della vita consacrata mediante i consigli evangelici. Il secondo paragrafo, invece, fa riferimento agli elementi canonici della vita consacrata. Dalla lettura di questi due paragrafi del can. 573 CIC, dunque, si dedurrebbe una distinzione tra vita consacrata in senso teologico e vita consacrata in senso canonico. Senza dubbio la vita consacrata in senso canonico abbisogna sempre degli elementi teologici, tuttavia, secondo questa teoria, è possibile prevedere l’esistenza nella Chiesa di una sorta di vita consacrata provvista solo degli elementi teologici, che non viene vissuta in un istituto di vita consacrata riconosciuto come tale, ma che può essere vissuta in altre realtà associative nella Chiesa. Un esempio che si adduce in questo senso sarebbe quello delle società di vita apostolica, in quanto esse non sono istituti di vita consacrata, ma alcune possiedono al loro interno tutti gli elementi che contraddistinguono la vita consacrata in senso teologico. La conclusione a cui si giunge è che la vita consacrata potrebbe essere vissuta anche nelle associazioni di fedeli.

Cosa dire di queste interpretazioni? Prima di tutto, si può affermare che il can. 573 CIC deve essere interpretato in modo sistematico, senza che sia dato di poter scollegare i due paragrafi, che contengono sia gli elementi teologici sia gli elementi canonici della vita consacrata. In questo canone la vita consacrata è descritta come un’unica realtà teologico-canonica. Risulterebbe incompleta una descrizione della vita consacrata che badasse soltanto agli aspetti giuridici. Ma allo stesso tempo, sarebbe altrettanto incompleta una descrizione della vita consacrata che si soffermasse esclusivamente sugli elementi teologici. Entrambi questi elementi vanno tenuti insieme, ed è per questo motivo che il Supremo Legislatore ha inserito elementi teologici e canonici della vita consacrata nello stesso canone. A questo proposito, bisogna ricordare che il can. 573 è il primo canone del Libro II (Il Popolo di Dio), Parte III (Gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica), Sezione I (Gli Istituti di Vita Consacrata), Titolo I (Norme comuni a tutti gli istituti di vita consacrata) del CIC. Inoltre, nella descrizione teologica della vita consacrata (CIC can. 573 § 1) l’elemento canonico è implicito quando la si descrive come forma stabile di vita. Questo significa che entrambi i paragrafi del can. 573 CIC vanno considerati insieme. D’altronde, il CIC disciplina la vita consacrata istituzionale, come non potrebbe essere altrimenti.

Per quanto riguarda le società di vita apostolica, esse non sono istituti di vita consacrata, ma il can. 731 § 2 CIC prevede esplicitamente che possono esistere società i cui membri assumono i consigli evangelici mediante un vincolo definito nelle rispettive costituzioni. Inoltre, nella normativa di queste società contenute nel CIC esistono continui rinvii ai canoni relativi agli istituti religiosi. Invece, il can. 298 § 1 CIC determina con chiarezza che nella Chiesa esistono associazioni di fedeli (i movimenti ecclesiali hanno adottato nella stragrande maggioranza dei casi questa forma canonica) distinte da altre forme associative (istituti di vita consacrata e società di vita apostolica) i cui membri, sia chierici, sia laici, sia chierici e laici insieme, possono tendere, mediante l’azione comune, all’incremento di una vita cristiana più perfetta. Dunque, si riconosce la legittimità dell’associarsi dei fedeli nella Chiesa per raggiungere la perfezione cristiana, cioè la santità, in uno stato ecclesiale – quello di fedele laico o di chierico secolare – diverso da quello di vita consacrata, che può avvalersi eventualmente di altre espressioni di donazione a Dio.

Va notato che le persone che assumono i consigli evangelici nei movimenti ecclesiali non cambiano di stato. Non sono, pertanto, fedeli consacrati, nel senso stretto dell’espressione. L’unica consacrazione che essi hanno ricevuto è quella comune a tutti i cristiani, che viene conferita dai sacramenti del Battesimo, della Confermazione e, nel caso dei chierici, dell’Ordine sacro. Bisogna affermare con chiarezza che la vita consacrata è quello stato che si vive in un istituto canonicamente eretto dalla competente autorità della Chiesa, e anche in due forme di vita consacrata non associata esplicitamente riconosciute: la vita eremitica (CIC can. 603) e l’ordine delle vergini (CIC can. 604). Ma, a mio avviso, risulta innegabile che, quando si parla di consacrazione ci si imbatte di frequente in un equivoco, presente non solo nella dottrina scientifica ma, ciò che è ancora più importante, nella vita odierna. Si tratta di un equivoco semantico provocato proprio dall’utilizzo del termine “consacrazione”. Il contenuto aperto di questa parola fa sì che essa venga utilizzata con significati diversi, e talvolta in modo improprio, provocando non poca confusione.

Spesso i membri dei movimenti ecclesiali, quindi di associazioni di fedeli, che assumono i consigli evangelici vengono denominati “i consacrati”, oppure “i laici consacrati”. Nonostante alcuni tentativi di distinzione terminologica, la difficoltà più rilevante risiede nel fatto che essi assumono i consigli evangelici di castità, povertà e ubbidienza non solo tramite promesse, impegni, ecc., ma in alcuni casi persino con dei voti, allo stesso modo dei membri degli istituti religiosi e di alcuni istituti secolari, quando così lo prevedono le rispettive costituzioni. Se è vero che quei fedeli non appartengono a un istituto di vita consacrata perché manca l’intervento della Chiesa, è altrettanto vero che il contenuto dei consigli evangelici assunti tramite dei voti, oppure altri vincoli, e il dovere di fedeltà agli impegni intrapresi è lo stesso in entrambi gli stati di vita (laicale e consacrata) .

Non è da sottovalutare il rischio che i movimenti ecclesiali vengano considerati, come hanno già fatto alcuni autori, un nuovo stadio nel processo evolutivo della storia della vita consacrata nella Chiesa, che troverebbe in queste nuove realtà un’altra forma di espressione. Durante il XX secolo la vita consacrata ha conosciuto trasformazioni importanti. Proprio all’inizio del Novecento furono riconosciute le congregazioni religiose di voti semplici . In questo modo, dall’essenzialità del voto solenne si passò all’essenzialità del voto pubblico, che, a sua volta, smise di essere essenziale per la configurazione della vita consacrata negli istituti secolari . Per questi autori, sia gli istituti nuovi di vita consacrata (CIC can. 605; VC 62) che i movimenti ecclesiali verrebbero inglobati nel concetto di vita consacrata. Sebbene i primi rientrano a pieno titolo nell’ambito della vita consacrata (infatti fanno riferimento, a livello della Santa Sede, alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica), non è lo stesso, invece, per i movimenti ecclesiali, che dipendono dal Pontificio Consiglio per i Laici. La maggior parte dei membri dei movimenti ecclesiali sono fedeli laici. Ma, come accennavo poc’anzi, l’assunzione dei consigli evangelici da parte di essi ha convinto numerosi autori a considerarli consacrati, dando origine a non pochi equivoci che si possono constatare quotidianamente.

Un altro aspetto da evidenziare è collegato alla necessità di conservare la distinzione tra gli stati di vita del cristiano (VC 4/b), pur ribadendo ancora una volta l’esistenza della comune vocazione di tutti i christifideles, radicata nel sacramento del Battesimo. Altrimenti, si rischierebbe di incappare in continui fraintendimenti, a scapito dell’identità propria sia dei fedeli laici, sia dei fedeli consacrati. Il risultato, per niente desiderabile, sarebbe uno snaturamento di entrambi questi stati di vita, che lascerebbe senza contenuto e senza ragione di essere la vita consacrata vera e propria.

I tre stati di vita del cristiano: laicato, sacerdozio ministeriale, vita consacrata, sono chiamati a rapportarsi in un modo complementario, in quanto sono modalità diverse, con pari dignità, della stessa universale vocazione cristiana alla santità nella Chiesa. Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Christifideles laici scriveva: «nella Chiesa-Comunione gli stati di vita sono tra loro così collegati da essere ordinati l’uno all’altro», ogni modalità «si pone in relazione alle altre e al loro servizio» (55/c). Da parte sua, l’esortazione apostolica Vita consecrata evidenzia che ogni stato di vita è paradigmatico, «dal momento che tutte le vocazioni particolari, sotto l’uno o l’altro aspetto, si richiamano o si riconducono ad esse, assunte separatamente o congiuntamente, secondo la ricchezza del dono di Dio. Esse, inoltre, sono al servizio l’una dell’altra, per la crescita del Corpo di Cristo nella storia e per la sua missione nel mondo» (31/c). Complementarietà e distinzione tra gli stati di vita del cristiano sono entrambi indispensabili in questo rapporto circolare all’interno della comunione ecclesiale .